OCTO CUP 2022: ULTIMA GARA 5-7 AGOSTO A VARANO-PARMA
Agosto 2, 2022Samuele Bertolasio
Settembre 27, 2022
Fabio Bitocchi è il primo classificato della categoria 600 cc al Campionato italiano di motociclismo dedicato a piloti con disabilità.
Questa è la sua storia
Una passione sfrenata per Valentino Rossi espressa anche dai vari cimeli disseminati in casa compresa una gigantografia a misura porta. La stessa porta che Fabio ci apre per raccontarci cosa vuol dire risalire in sella ad una moto dopo un incidente che in un attimo ti cambia la vita per sempre.
Sguardo fiero ed emozionato, immancabile sorriso e incredibile modestia Fabio ci racconta di sé e dei suoi progetti futuri.
Grazie Fabio per essere qui, ti va di raccontarci un po’ la tua storia?
Nel novembre 2012 ho avuto un incidente in moto mentre andavo a lavorare. Un solo secondo che mi ha cambiato per sempre la vita. A seguito di quel fatale evento ho subito un’amputazione della trans tibiale alla gamba sinistra e una brutta frattura al braccio. Quest’ultima, anche se è assurdo, è quella che ancora oggi risulta molto più invalidante che la gamba stessa.
Nel 2013 il mio percorso di vita ha fatto si che io incontrassi l’Associazione Diversamente Disabili e con la forza di Chiara ed Emiliano nel 2015 sfido me stesso sulla moto e in pista per la mia prima gara in assoluto a Vallelunga. Da allora non sono più sceso, partecipando a tutte le gare in calendario, ma pur sempre con i piedi per terra.
Non sono mai stato un fanatico della vittoria a tutti i costi: “l’importante è arrivare” è il mio motto.
Che io sia ultimo o penultimo non importa. Ciò che davvero importa è poter esserci, poterlo fare. Il mio obiettivo è sempre stato esserci e finire la gara, in quale posizione non l’ho mai reputato così importante da farne la mia priorità assoluta, anzi tutt’altro.
Ricordo con grande emozione la mia prima volta al circuito di Le Mans in occasione del campionato europeo: adrenalina pura non tanto per la pista, ma quanto per tutta la gente sugli spalti. Pazzesco!
Dall’anno scorso, sono entusiasta, nel dire che anche io ho creato il mio piccolo team chiamato Sid Racing (Sid dal bradipo dell’Era Glaciale, sempre per il fatto che anche se lenti l’importante è arrivare) nel quale sono anche altri piloti come Omar Bortolacelli e Alessandro Chiarelli.
Come è andata l’ultima gara, quello che ti ha visto campione?
Sono contento della mia vittoria, ma se devo essere sincero mi sento un po’ l’amaro in bocca.
Il guasto al motore di Omar durante le prove, la caduta in corsa tra Forgione e Sirtori e l’ictus di Chiarelli con il quale mi sarei dovuto giocare il terzo posto, sono stati elementi che hanno contribuito a farmi avanzare in classifica in base al punteggio acquisito nelle precedenti gare. Questo non significa che io non sia grato per questa vittoria, ma avrei voluto che andasse diversamente. Avrei voluto giocarmela in maniera diversa.
Sono comunque soddisfatto perché, come già alcuni sanno, questa è stata la mia ultima gara e lasciare la pista da “campione” a prescindere da tutto, fa effetto.
Come mai hai deciso di “appendere la moto al chiodo”?
Dopo 7 anni ho voglia di investire su altro, ovvero, sulla parte di back stage. L’ altro lato della medaglia è molto importante perché fa si che accada tutto quello che vedete in pista.
Già da quest’anno ho dato una mano nell’organizzazione e nell’ allestimento dei box. Ci sono molti aspetti tecnici e pratici relativi alla corsa che non si può nemmeno immaginare. In questa parte ci sto bene, mi piace e mi da un grande soddisfazione. Credo che sia l’evolversi giusto del mio percorso.
Non è detto poi che un futuro una wild card non ci scappi!
Qual è stata la scintilla che ti ha riportato sulla moto?
In assoluto la voglia di rimettermi in gioco.
Dall’incidente la mia moto è uscita quasi illesa, ma nonostante questo ho pensato di venderla. Il mio primo pensiero è stato “…e ora senza una gamba con la moto che ci faccio?”. Poi mi sono detto: “no, con la protesi posso fare esattamente ciò che facevo prima”.
Questo step è servito per superare la paura, chiamiamola così.
Il fatto di guidare la moto in pista e quindi in totale sicurezza mi ha aiutato a superare questo scoglio così grande.
Il gruppo che è una vera e propria famiglia ha fatto il resto! Il rispetto fuori e dentro la pista, la stima e la passione reciproca sono valori aggiunti incredibili.
E’ superfluo dire che la forza di volontà fa la parte del leone. Se vogliamo qualcosa non ci sono né ostacoli né limiti.
I 5 minuti prima della gara cosa succede dentro di te?
Ansia e nervosismo per la performance inizialmente, con il tempo sono cambiato, mi sento più tranquillo, più risolto. Non mi sento più così competitivo come un tempo, ma ho imparato a non prendermi troppo sul serio. In senso buono s’intende!
È normale che la paura di cadere mi accompagni ad ogni curva, non lo nego. Determinata non tanto dal fatto di potermi fare male in generale, quanto per il braccio. Una caduta “semplice, ma bastarda” potrebbe essere davvero rischiosa.
Per questa ragione ho sempre usato la moto con la testa per salvaguardare sia me che la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto e appoggiato.
Se tu avessi 30 secondi in mondovisione per lanciare un messaggio al mondo, cosa diresti?
Domanda super difficile!
Ogni evento traumatico di quelli che ci toglie qualcosa ci cambia, ma bisogna sforzarsi di provare a guardare la situazione da un punto di vista diverso. Lo so è difficile.
Gli equilibri cambiano, la situazione cambia, fa paura rimettersi in gioco, ma una volta che si è dentro ci si rende conto che si, cambiano le regole del gioco, ma nulla finisce.
I risultati possono essere diversi, ma non per questo meno belli e soddisfacenti.
Fabio ha una bellissima famiglia con la quale condivide la sua passione e la sua voglia di vita.
I suoi 3 bambini di 8, 10 e 15 anni sono la sua gioia e la sua ragione di vita e non poteva mancare chi tra i 3 porta avanti la stessa passione del babbo, ma declinata in maniera diversa.
Siete pronti a vedere un nuovo campione Bitocchi nelle minimoto?
Sicuri che sarà così!
Grazie Fabio!