Intervista a Grégoire Courtine su WIRED
allegato, n. 88/2019 di Wired Health
Riportiamo solo un breve stralcio dell'intervista. Qui la pagina di
Wired Health.
Neuroprotesi e interfacce robotiche come vie d'uscita alla paraplegia.
Così la Scuola politecnica federale di Losanna, per la prima volta, ha permesso ad alcuni pazienti di tornare a controllare i propri muscoli delle gambe.
Grégoire Courtine è neuroscienziato alla
Scuola politecnica federale di Losanna. Il suo lavoro è permettere ai suoi pazienti paraplegici di tornare a camminare.
Questo grazie un programma che incrocia
neuroprotesi, interfacce robotiche e procedure riabilitative hi-tech.
Il team di Courtine ha regalato (e non era mai successo prima)
una via d'uscita dalla paraplegia ad alcune persone che, contro ogni aspettativa, sono di nuovo in grado di controllare i muscoli delle gambe.
Come funziona il metodo che stanno studiando?
«Nella maggioranza delle
lesioni spinali, anche quando sono definite complete e la persona, pur provando a compiere il movimento, non riesce ad attivare i muscoli, l'input raggiunge comunque i centri del midollo spinale, dove ci sono le strutture che li comandano. Ma è troppo debole per attivarli. Attraverso
impianti per la stimolazione midollare, noi aumentiamo questo comando residuo del cervello, fino a che diventa abbastanza forte da azionare il muscolo paralizzato. Dal momento che una persona riattiva questi muscoli può fare riabilitazione e, dopo alcuni mesi, quello che succede è che il sistema si ripristina progressivamente, i nervi ricrescono, e non c'è più bisogno di stimolazione».
A che punto siete dell'esperienza clinica?
«Per ora siamo su
sei pazienti, e tutti stanno ottenendo dei miglioramenti.
Il prossimo gradino per la validazione della terapia è però quello dei
mille. Stiamo anche
ampliando le tipologie di lesioni su cui intervenire: da quelle più gravi a quelle più recenti- E includeremo
anche quelle agli
arti superiori, non soltanto le gambe».
Quali scenari ti immagini da qui a dieci anni per i sistemi che stai sviluppando?
«Credo che da qui a dieci anni, quando una persona avrà subito una lesione spinale, i medici non dovranno più chiedersi che cosa fare, ma che l'impianto di un sistema per la stimolazione sarà parte della prassi. E spero che, grazie agli studi che vengono condotti sulle cellule staminali, avremo trovato anche un modo per moltiplicare le connessioni nervose.
Rispetto a quello che accadrà, siamo davvero solo all'inizio».